martedì 22 gennaio 2013

Commenti al 2° capitolo “Disposizione per comprendere” [Paragrafi 1-6]



Il capitolo sembra esprimere un senso di urgenza proprio di chi ha fatto un’esperienza di un certo grado e tenta di passarla agli altri al di fuori di se stesso, cosa che per altro non è dovuta, ma scelta.
E’ vero che è una scelta ma a me sembra che non si possa fare altrimenti che cominciare a diffondere un messaggio, qualunque siano i contenuti che esprime, dal momento che uno arriva a certe altezze interiori: infatti se si pensa un momento alla storia si nota che un Cristo o un Buddha dopo aver toccato un apice sono tornati al mondo della vita densa con la fronte e le mani luminose per esporre i contenuti della loro esperienza, proprio perché quell’esperienza non è propria, o non propriamente personale. In un rimando al “Cammino” c’è scritto “Se non sei indifferente al dolore e alla sofferenza degli altri, devi fare in modo che ciò che senti coincida con ciò che pensi e che fai per aiutare gli altri”. Ciò sembra una conseguenza necessaria, come che non può essere in altro modo…come a dire < che faccio lo dico, lo dico, lo dico? No me lo tengo! Oppure no, lo dico! Ma sì, mò lo dico va!>  Anche perché questo sembra avere coerenza con la regola d’oro “Tratta gli altri come vorresti essere trattato”.

Mi colpisce il punto in cui dice “..essendo tuo desiderio dormire o morire” al paragrafo 4: mi sembra molto forte poiché è proprio l’esatto opposto che dire “esser sveglio e puntare al superamento della morte, cioè alla trascendenza”.
A me colpisce molto, come sintesi di tutto il capitolo, ciò che leggo nelle parole “disinteressatamente” e “atteggiamento”. La prima mi dà proprio la sensazione di un atto fatto senza attaccamento al risultato, ossia al fine che chi legga debba per forza seguire ciò che è scritto o essere in sintonia perfetta e seguire ciò che viene detto; e ciò mi dice molto, a livello di sensazione emotiva, di quella che è la condizione interna che raggiunge chi arriva ad un certo tipo di esperienza trascendente. Sulla questione dell’atteggiamento più adatto verso la comprensione ho un po’ di tensione proprio sul punto in cui leggo “senza fretta”: non è facile per me avere la distensione adeguata nel momento in cui vivo propriamente una condizione di spaesamento o non-senso; al contrario l’atteggiamento che metto in moto è l’opposto, cioè quello della fretta e dell’attaccamento a perseguire un fine velocemente pur di liberarmi dallo stato di sofferenza che sperimento.
Qui però si parla di meditare senza fretta: è proprio l’atto del meditare che va preso e condotto senza attaccamento e fretta, non la cura in sé di se stessi; per quella immagino che non si dica di occuparsi di se stessi una tantum, ma con costanza. E’ l’atto della meditazione che va condotto con una certa cura. E’ come mettersi in contatto con la guida interna e ancor prima di avere risposte o segnali ad una necessità richiesta avere la tensione interna di possedere o immaginare già una risposta. Sarebbe interessante invece fare un’esperienza come questa sempre nella disposizione di calma interiore affinchè non sia la mia tensione interna a contraffare o sporcare l’esperienza dell’eventuale contatto o la risposta in sé alla mia necessità profonda.
A questo punto però mi chiedo quale sia il modo di esporre proprio di coloro che aspirano a cose lontane dalla realtà interiore. [Si fa riferimento a cose tipo certi corsi di yoga, autostima, Scientology dove appare abbastanza evidente, sotto l’intenzione spirituale, l’interesse economico].
Il modo che qui appare chiaro, la modalità con cui tutto viene espresso, mi dà la sensazione che sia un amico a parlarmi, dove è esente il giudizio morale poiché quella di Silo è come un’analisi disinteressata; dove non si percepisce neanche lontanamente la sensazione della punizione religiosa. E tutto ciò sembra essere in totale sintonia e coerenza e continuità con l’esperienza concreta fatta a partire dalla quale solo in questo modo si può esporre. E’ una modalità chiara e precisa, ma anche libera, poiché dà spazio reale all’adesione o meno. Non si risparmia dal prendere posizione nette, ma allo stesso tempo non trasmette sensazione di puntare il dito verso nessuno. E’ chiaro e sembra voler dire “La mia felicità non cambia se tu fai questo o no, ma la tua sì!” [in riferimento al passo “So come ti senti perché posso sperimentare il tuo stato, ma tu non sai come si sperimenta ciò che dico”.] E inoltre a me personalmente provoca una sensazione di totale rilassatezza sentir dire “senza fretta”.
Non c’è seduzione o ammaliamento nella sua esposizione: Silo pare che esponga tutti quelli che sono degli “stabiliti” che impediscono la possibilità di evolvere: come l’atteggiamento dialettico, quello riferito alla forma esteriore dell’esposizione che rischia di restare nella superficie. Questi due esempi mi fanno pensare che non è interessante nulla se non arrivare quanto più direttamente possibile al punto centrale; e questo è in opposizione a ciò che di solito si fa in questi ambiti rivestendo i contenuti di forme letterarie o esposizioni poetiche, oppure assumendo l’atteggiamento contrastivo della dialettica.
Qui c’è il tema della fiducia ma anche quello della responsabilità: fiducia in ciò che viene detto nel Messaggio, ma la chiara responsabilità personale sul proprio percorso, che solamente ognuno di noi per se stesso può fare.

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