giovedì 27 dicembre 2012

Commenti al paragrafo 3 del capitolo 1 del Libro

Qui si rinnegano i sacrifici, i sensi di colpa e le minacce dell'oltretomba

- Cosa si intende per oltretomba?
- Dopo che sei morto
- ah! tipo l'aldilà.. ma che ti rompono i coglioni pure nell'aldlà!?

-Le minacce dell'oltretomba possono essere sia la paura della morte che la paura dell'inferno, se non segui le "dottrine".
- Con questa interpretazione è tutto collegato (senso di colpa, sacrificio, e minacce dell'oltretomba) perchè quello che fai lo fai perchè hai paura di quello che ci sarà dopo.

- Il tema della finitudine c'entra coi sacrifici e i sensi di colpa perchè mi sacrifico in funzione del futuro, perchè finirà. oppure mi sento in colpa perchè non ho tutta l'eternità per porre rimedio.

- Vedo come i sensi di colpa e i sacrifici facciano parte del mio paesaggio di formazione, ne ho tanti, hanno a che fare col tema del perdere.

- Nel sacrificio c'è contraddizione perchè quello che senti tu e quello che sente l'altra persona (per cui ti sacrifichi) sono in conflitto tra loro.
- Ma quindi uno dovrebbe sempre dire di no se non gli va di fare una cosa?
- C'è differenza tra sforzo e sacrificio. nello sforzo ci sono resistenze ma non contraddizioni.
Perchè quella cosa la vuoi fare davvero, non è un sacrificio, la vuoi fare però hai resistenze.

- Sempre dipende dalla paura di perdere. Perchè tu ti muovi per non ferire l'altro, ma bisognerebbe chiedersi perchè l'altro dovrebbe sentirsi ferito da quello che fai o non fai. E' molto lontano dal principio "se tratti gli altri come vuoi essere trattato ti liberi".. Tu mi vuoi bene a seconda di quello che faccio? o ancora meglio: Io ti voglio bene a seconda di quello che fai? Se è così è una catena. Se mi sacrifico per te, perchè tu non ci rimanga male e quindi perchè tu continui a volermi bene e non ti perda, sto solo assecondando una catena.
Perchè se io voglio davvero bene a qualcuno non voglio che faccia qualcosa che non vuole fare.
E da parte di chi si sacrifica, non lo sta facendo perchè crede che sia davvero la cosa migliore per l'altro, ma perchè vuole assecondare i suoi desideri per non perderlo.

- Nella mia esperienza il sacrificio non ha mai funzionato. Non ha mai prodotto nell'altro quello che speravo, nè in me, rispetto al futuro. Però in quel momento ci credi.

- Tu mi chiedi un favore e io ti dico di sì, col sorriso sulle labbra, ma dentro di me ti sto mandando affanculo, perciò è davvero ipocrita.

- Portando all'estremo il rinnegare queste cose, in senso negativo, cosa potrebbe produrre?
- il menefreghismo.  La direzione la dà la frase precedente "qui c'è allegria, amore per il corpo, per la natura, per l'umanità e per lo spirito". Se cè amore non può esserci menefreghismo. Ma nel sacrificio non c'è amore, perchè non c'è un dare disinteressato, c'è un dare interessatissimo..

- E' un grande riferimento il principio aureo (tratta gli altri come vuoi essere trattato). Perchè in situazione poi quello diventa la cosa giusta da fare. Come vivi quel gesto che fai è la cosa importante.

- Il rischio è che uno che ha sempre detto di sì poi deve fare l'opposto, dire sempre di no, per sentirsi libero e da lì cadi nella parte opposta, e anche quello non è interessante.
-L'indicatore del sentire che fai un sacrificio è interessante. puoi porti una domanda sulle condizioni di partenza che ti hanno portato in quella situazione (perchè gli ho detto di sì? cosa mi ha spinto davvero a dire di sì?)

-Se non faccio quel sacrificio per l'altra persona mi rimane il senso di colpa, e quello non passa, nemmeno con gli anni.

-Il sacrificio lo lego a una sconnessione, quando cioè mi dimentico di esistere. Se ho un appuntamento con qualcuno e non ne ho voglia..fino a che non arrivo lì posso scegliere come stare lì. Se decido di essere lì, così come sono, o di dedicare quel tempo a quella persona, ma lo scelgo, allora non è un sacrificio. M quando c'è sacrificio io non ci sono, non esisto.
infatti spesso non dico di sì, dico "vedremo", "deciderò poi", perchè so che sarà meglio ascoltarmi in quel momento. Dico spesso "non mi va", "non ne ho voglia", c'è molta pressione culturale.

- Se non ti sacrifichi allora ti devi sentire in colpa, e "morirai senza avere combinato nulla". Per evitare le minacce dell'oltretomba ti devi sacrificare.

- e più ti sacrifichi più ti aspetti cose dagli altri.


martedì 11 dicembre 2012

Commenti al paragrafo 1 e 2 del capitolo 1 del Libro

..ovvero "La Meditazione"

1. Qui si racconta come il non-senso della vita si trasformi in senso e pienezza.

Commenti:
  • C'è esperienza di situazioni che prima ci sembra non abbiano Senso, e che poi ne acquistano, quando ne vediamo l'utilità: ad esempio una difficoltà a un certo punto può essere vista come un'opportunità di crescita.
  • Senso potrebbe essere visto come sinonimo di Direzione, e alla luce di questo non è che spariscono tutti i problemi, ma questi diventano semplici ostacoli da superare lungo il cammino.
  • Il registro di pienezza potrebbe essere quello che ti permette di non vivere esclusivamente sulla base dei bisogni immediati, e che ti permette inoltre di godere di ciò che hai.
  • Ci si domanda se la ricerca del Senso sia una caratteristica innata degli esseri umani. E' sicuramente un percorso difficile, ma ci sembra che possa essere quello che ci differenzia dagli animali.
  • Ci si domanda se Senso e Pienezza possono esistere come registri separati l'uno dall'altra, o se sono invece sono inscindibili. Chi ha avuto questo tipo di registri riconosce in questo la caratteristica fondamentale di vivere una sensazione in cui "non ci sono più domande". In quel momento il futuro è aperto, non c'è paura, nemmeno della morte, e si sperimenta un'espansione interna molto forte. Una volta raggiunto questo stato, l'esistenza del Senso cessa di essere un dubbio, e diventa una certezza: allora la direzione da quel momento in poi è cercare non più lo stato, ma la permanenza in quello stato. E cmq è possibile richiamare quello stato una volta che lo si è vissuto, anche se senza una Direzione chiara, non si può imparare a maneggiarlo, a entrarne e uscirne "a comando", e questo potrebbe spaventare.
  • Ci sembra che tanto più ci si avvicina al nostro Senso, a cui comunque siamo collegati, tanta meno è la fatica nel muoversi internamente ed esternamente.
  • Notiamo come difficoltà che se anche alle persone possa capitare di registrare questo stato, non è qualcosa che è facile da condividere con altri, a meno che non si abbiano degli ambiti adatti, che generalmente non sono quelli della nostra vita quotidiana.
  • Non è infatti semplice che nei nostri ambiti quotidiani possiamo sentirci liberi di condividere queste esperienze profonde, poichè ci sembrerebbe di non essere compresi. E in realtà ci sembra proprio che sia impossibile passare questa esperienza ad altri, poichè già traducendola con le parole, se ne perde una parte importante.
  • Iniziare a condividere questo tipo di esperienze, tuttavia, è indicatore del fatto che ci si sta muovendo diversamente nel mondo, poichè quell'esperienza di Senso diventa la priorità assoluta, e tutto il resto passa in secondo piano. E' come se in quel momento non esistessero più "questioni di vita o di morte" e si è più distaccati da tutto (fino ad arrivare a non apprezzare più nulla? ci chiediamo). Ad ogni modo riconosciamo che nel quotidiano dobbiamo continuare a vivere e che non è quindi opportuno scollegarsi da tutto, ma che è meglio tenere con cura e sempre presente questo registro, mentre ci muoviamo nel mondo.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

2. Qui c'è allegria, amore per il corpo, per  la natura, per l'umanità e per lo spirito.



Commenti:
Cos'è lo spirito?

_ ciò che non è corpo, umanità, natura
_ ciò che non è materiale

Si parla di amore per il corpo, ma noi fumiamo/mangiamo merda..etc.. dovremmo evitare ciò che danneggia il corpo e dovremmo fare la stessa cosa per l'anima. Diciamo che comunque abbiamo una direzione, lavoriamo per tenere copresenti questi temi, lo mettiamo come proposito.
Danneggiando il corpo non teniamo copresente il tema della morte, se ci indeboliamo avviciniamo questo momento senza poter prima lavorare a liberarci da questo tema.

Leggendo il paragrafo si ha la sensazione che si passi dal piccolo al grande, come se ci fosse un'espansione: CORPO--->NATURA-->UMANITA'-->SPIRITO

AMORE: richiama il registro di espansione. definirlo è impossibile ma abbiamo chiaro il registro che evoca.

RICONCILIAZIONE: varie esperienze personali rispetto al tema, è come se per raggiungere ciò di cui sopra, dobbiamo passare dalla riconciliazione per arrivare alla pienezza, all'integrità

"QUI C'E'": qual'è l'impedimento? La paura, il risentimento, i timori.

Ma soprattutto... CIO' CHE NON AMMAZZA, INGRASSA!!!! (cit.)

lunedì 3 dicembre 2012

questa sera in saletta..

terminato lo studio de "il Libro", possiamo avventurarci ne "Il Cammino":

Se credi che la tua vita termini con la morte, ciò che pensi, che senti e che fai non ha senso. Tutto finisce nell’incoerenza, nella disintegrazione. 

Se credi che la tua vita non termini con la morte, ciò che pensi deve coincidere con ciò che senti e con ciò che fai. Tutto deve dirigersi verso la coerenza, verso l’unità. 


Se sei indifferente al dolore e alla sofferenza degli altri, ogni aiuto che tu chieda non troverà giustificazione. 


Se non sei indifferente al dolore e alla sofferenza degli altri, devi fare in modo che ciò che senti coincida con ciò che pensi e con ciò che fai per aiutare gli altri. 


Impara a trattare gli altri nello stesso modo in cui vorresti essere trattato


Impara a superare il dolore e la sofferenza in te, nel tuo prossimo e nella società umana. 


Impara ad opporti alla violenza che c’è in te e fuori di te.


Impara a riconoscere i segni del sacro in te e fuori di te. 


Non lasciar passare la tua vita senza chiederti: “Chi sono?”


Non lasciar passare la tua vita senza chiederti: “Dove vado?”


Non lasciar passare un solo giorno senza darti una risposta su chi sei. 


Non lasciar passare un solo giorno senza darti una risposta su dove vai.


Non lasciar passare una grande allegria senza ringraziare dentro di te.


Non lasciar passare una grande tristezza senza reclamare dentro di te quell’allegria che vi è rimasta custodita.


Non immaginare di essere solo nel tuo villaggio, nella tua città, sulla Terra e negli infiniti mondi. 


Non immaginare di essere incatenato a questo tempo e a questo spazio. 


Non immaginare che con la tua morte si perpetui in eterno la solitudine.


A seguire cerimonie di Benessere e Uffizio

mercoledì 28 novembre 2012

cap. XX - La realtà interiore

Lunedì scorso abbiamo studiato il capitolo XX del libro:

1. Rifletti bene sulle mie considerazioni. In esse dovrai vedere soltanto fenomeni allegorici e paesaggi del mondo esterno. Tuttavia esse contengono anche descrizioni reali del mondo mentale.

2. Non devi neppure credere che i "luoghi" per i quali passi lungo il tuo cammino abbiano esistenza in sé. Una tale confusione ha spesso oscurato profondi insegnamenti, tanto che ancora oggi si crede che cieli, inferni, angeli, demoni, mostri, castelli incantati, città remote e altre cose simili siano una realtà visibile per gli "illuminati". Lo stesso pregiudizio, ma con l'interpretazione opposta,  ha fatto presa sugli scettici senza sapienza, che hanno considerato queste cose illusioni o allucinazioni di menti in delirio.


3. Devi comprendere, e  te lo ripeto ancora, che si tratta di veri stati mentali, anche se simbolizzati da oggetti propri del mondo esterno.


4. Tieni conto di quanto è stato detto e impara a scoprire la verità al di là delle allegorie, che in certi casi fanno deviare la mente, ma che in altri traducono realtà impossibili da cogliere senza rappresentazione.


Quando si è parlato delle città degli dei a cui vollero giungere numerosi eroi di diversi popoli; quando si è parlato di paradisi in cui dei e uomini convivevano nell’originale natura trasfigurata; quando si è parlato di cadute e di diluvi, è stata detta una grande verità interiore.


Poi i redentori hanno portato la Parola e sono arrivati a noi in doppia natura per ristabilire quella tanto rimpianta unità perduta. Anche allora è stata detta una grande verità interiore.


Tuttavia, quando è stato detto tutto questo e lo si è posto fuori dalla mente, si è errato o si ha mentito.
All’inversa, il mondo esterno, confuso con lo sguardo interno, obbliga questo a percorrere nuovi cammini.


Così, oggi vola verso le stelle l'eroe di quest'età. Vola attraverso regioni prima ignorate. Vola verso l'esterno del suo mondo e, senza saperlo, è spinto verso il centro interno e luminoso.


Ecco i nostri commenti allo studio:

Non è possibile scindere lo sguardo interno dal mondo esterno.
Mondo interno e mondo esterno si fondono e si condizionano a vicenda, ovvero le azioni che compi nel mondo esterno agiscono nel mondo interno e lo sguardo che hai del mondo esterno è condizionato dal tuo sguardo interno.

Anche i cambiamenti che avvengono nell’ambiente “al di fuori di te” portano ad una mutazione “dentro di te”; per esempio lo sviluppo ella scienza e della tecnologia spingono l’essere umano verso la propria unità interna. Gli astronauti che hanno potuto vedere la Terra da “da così lontano” hanno avuto esperienze trascendentali.

Chi sono i redentori che hanno portato la parola e sono arrivati a noi in doppia natura..? probabilmente si riferisce ai grandi profeti del passato ( Gesu, buddha, Maometto.. etc..), e chi ha posto grandi verità interne in paesaggi al di fuori del corpo ha errato o mentito…per esempio l’inferno e il paradiso non sono posti fisici ma sono qui, sono dentro.

Quali sono le regioni prima ignorate? Sono regioni fisiche? o Interne? Ci dice che colonizzeremo nuovi pianeti? O che appunto porteremo il paradiso qui?
Qual è l’insegnamento di tutto ciò?
E’ importante imparare a riconoscere lo stato interno in cui si è al di là delle allegorie.

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Poichè il post sul capitolo non era ancora stato pubblicato, riporto nel testo un commento ulteriore di MATTEOB:

"Volevo fare un commento sul paragrafo successivo, quello della "Realtà interiore".

Si diceva degli effetti del progresso scientifico sulle coscienze... "Spingendole" ad evolversi... Però non dimentichiamoci quanto detto da Silo stesso nel discorso pubblico di maggio del '69:

"Hay un tipo de sufrimiento que no puede retroceder frente al avance de la ciencia ni frente al avance de la justicia. Ese tipo de sufrimiento, que es estrictamente de tu mente, retrocede frente a la fe, frente a la alegría de vivir, frente al amor."
"

giovedì 22 novembre 2012

Gli stati interni.

Una riflessione interessante riguarda lo "Spazio aperto dell'energia" che è stato messo in relazione con l'ampliamento e le trasformazioni dello Spazio di Rappresentazione di ciascuno.
Abbiamo riflettuto sull'importanza della fede, nell'attesa che il sole sorga.
Se si arriva a percepire il Piano dell'esistente, si riesce a comprendere che tutto è collegato, che tutto ha un senso. A questa visione illuminante corrispondono nuove consapevolezze profonde, legate ad un processo di sospensione dell'Io.
Mettendo in relazione gli Stati Interni allo schema dell'Albero della vita, ci siamo interrogati su altri possibili percorsi/sentieri fra gli stati interni e sulla prosecuzione del percorso verso l'Alto, che Silo non aveva menzionato.

lunedì 19 novembre 2012

Questa sera in saletta..

..proseguiamo con lo studio degli Stati Interni:

8. Sali per la scalinata del tentativo ed arriverai ad una cupola instabile. Da lì, spostati per un cammino stretto e sinuoso che conoscerai come la "volubilità", fino ad arrivare a uno spazio ampio e vuoto come una piattaforma, che porta il nome di "spazio-aperto-dell'energia".

prima e dopo lo studio cerimonie, e a seguire riunione mensile organizzativa.

:)

venerdì 16 novembre 2012

Commenti allo studio del Capitolo XIX Gli Stati Interni, paragrafo 7



Siamo quindi arrivati alla "dimora della generazione" e alle sue tre porte...

La prima porta, quella della "Caduta" potresti imboccarla solo in seguito ad incidenti o a fatti molto forti, per esempio la morte di una persona cara, una guerra, o un disastro naturale, tutte cose che possono riportarti bruscamente ad occuparti esclusivamente delle tue necessità primarie, di sopravvivenza.

La seconda porta, quella della "Degradazione" può essere imboccata qualora la mente ti inganni, portandoti dal passato ricordi falsati e portandoti a credere che ciò che hai lasciato fosse migliore.
L'idea di tornare alla tua casa bruciata, mette una certa dose d'ansia, ed è importante ricordare, che anche se la mente si inganna e ti induce a tornare là, quello che troverai non sarà ciò che ricordi, ma soltanto la tua casa bruciata.
Essa potrebbe rappresentare il tuo paesaggio di formazione che ti ha guidato fino a qui, e in cui si trovano compensazioni, timori, e tutto ciò che ti è familiare; ma tutto questo si oppone al proposito della direzione che hai scelto di seguire, e corri il rischio di credere di aver sacrificato molte cose che ritenevi importanti e inducendoti così ad invertire la direzione, a degradare il percorso fatto e le motivazioni per le quali l'avevi intrapreso.
Questa tappa può avere a che fare col riuscire ad abbandonare i ricordi profondi legati all'emotivo, e proprio per il fatto d'essere carichi emotivamente, è più difficile staccarsene, e in effetti è facile comprendere che non riuscendo a lasciarli andare, si degradi la strada fatta fino a qui, perchè ti sta portando a separarti da quei ricordi a cui sei tanto legato affettivamente.

Non è così immediato riconoscere e accettare che la tua casa sia bruciata, è come se la vedessi bruciata, ma illusoriamente con le pareti tutte belle imbiancate.

Anche dopo aver scelto la terza porta, quella del "Tentativo" può accadere che in alcuni momenti tu possa sviare un po' nella degradazione, per poi renderti conto che stai sbagliando, e riprendere la strada del tentativo. Questo fenomeno l'ho visto manifestarsi durante un cambio di tappa, dopo il quale, anche se sai che tutto ti è fallito, le vecchie meccaniche tendono a riemergere, anche se appena ne senti il sapore ti ricordi che non ti piace più, o che non si adatta al tuo stile di vita attuale. Un po' come quando, dopo non aver digerito, ti riprometti che non mangerai più cibo del Mac Donalds, ma ogni tanto ti vien fuori la voglia, ma se la assecondi, subito ti sorgerà alla mente questo pensiero "ah, ora mi ricordo perchè avevo detto che non l'avrei più mangiato!"
Alcuni ricordi positivi sono legati a momenti piacevoli, che nel momento in cui li si è vissuti erano adeguati a come stavi o a com'eri, ma ora, che sei cambiato e son cambiati i tuoi valori e le tue credenze, non si incastrano più.
Si potrebbe vedere qualche analogia con l'esperienza guidata "La Nostalgia", dove conclude suggerendo di portare con te solo i ricordi dei bei momenti, ma lasciare l'attaccamento ad essi.

L'essenza delle cose continui a portarla avanti, quello che si lascia alle spalle sono le forme, le strutture che ci avevi costruito attorno; e ora riesci a dare più valore all'essenza piuttosto che alla forma. Cambia il senso che dai alle cose.

lunedì 12 novembre 2012

Questa sera in Saletta..

..le cose si fanno sempre più interessanti nello studio degli "Stati Interni" (cap. XIX)

Siamo quindi arrivati alla "dimora della generazione" e alle sue tre porte:

7. Ma tu che sei asceso con risoluzione ti trovi ora nella dimora conosciuta come "generazione". Lì hai tre porte: una si chiama "Caduta", l'altra si chiama "Tentativo" e la terza "Degradazione". La caduta ti porta direttamente alle profondità, e soltanto un incidente esterno potrebbe spingerti versa di essa. E' difficile che tu scelga questa porta. Quella della degradazione invece ti conduce indirettamente agli abissi, facendoti ripercorrere i cammini in una sorta di turbolenta spirale, nella quale riconsidererai di continuo tutto ciò che hai perso e tutto ciò che hai sacrificato: questo esame di coscienza, che porta alla Degradazione, è certamente un falso esame, nel quale sottovaluti e rendi sproporzionate alcune delle cose che paragoni. Confronti lo sforzo dell'ascesa con i "benefici" che hai abbandonato. Ma se guardi più da vicino, vedrai che non hai abbandonato nulla per quel motivo: i motivi sono stati altri. Pertanto la Degradazione inizia con la falsificazione dei motivi che, a quanto sembra, erano estranei all'ascesa. Io chiedo ora: da che cosa è tradita la mente? Forse dai falsi motivi dell'entusiasmo iniziale? Forse dalla difficoltà dell'impresa? Forse dai falsi ricordi di sacrifici che non ci sono stati o che sono stati causati da altri motivi? Io ti dico e ti chiedo ora: la tua casa è bruciata da tempo, per questo hai deciso di iniziare l'ascesa; ma ora pensi che essa sia bruciata a causa della tua ascesa? Hai dato per caso uno sguardo a quello che è successo alle case vicine?... Non c'è dubbio che tu debba scegliere la porta di mezzo.



Prima e dopo lo studio cerimonie di Uffizio e Benessere.
Buona settimana



La Comunità del Messaggio di Silo - Breda2

mercoledì 7 novembre 2012

commenti allo studio dei paragrafi 5 e 6 del capitolo "GLI STATI INTERNI"

...
5. Suppongo che, ascendendo dal regno della morte, e attraverso il tuo cosciente pentimento, tu sia già arrivato alla dimora della tendenza. Due sottili cornici sostengono la tua dimora: la conservazione e la frustrazione. La conservazione è falsa e instabile. Camminando su di essa ti illudi con l'idea di permanenza, mentre in realtà discendi velocemente. Se prendi il cammino della frustrazione, la tua salita è penosa, ma è anche l'unica non-falsa.

6. Di fallimento in fallimento, puoi arrivare al prossimo riposo, che  si chiama "dimora della deviazione". Attento alle due vie che ora hai davanti: o prendi il cammino della risoluzione, che ti porta alla generazione, o prendi quello del risentimento, che ti fa discendere un'altra volta verso la regressione. Lì ti trovi davanti al dilemma: o ti decidi per il labirinto della vita cosciente (e lo fai con risoluzione), o torni risentito alla tua vita precedente. Sono numerosi coloro che, non essendo riusciti a superarsi, hanno troncato qui le loro possibilità.

...





Riflettiamo sul fatto che quando ci si trova nel "cosciente pentimento" ci si ritrova a sapere cosa non si vuole più, ma non è detto che in quel momento uno sappia invece cosa vuole veramente. E potrebbe essere frustrante, perchè ci si ritrova a fare tentativi su tentativi in semplice opposizione a queste cose che non si vogliono, senza scegliere quello che veramente si vuole.
E' forse per questo che viene definito un cammino penoso?



Ci viene quindi da pensare che proprio a causa di questa frustrazione se il pentimento non è profondo, possa essere facile pentirsi del pentimento e tornare indietro a quanto più conosciuto.
In ogni caso anche la conservazione potrebbe derivare da un pentimento non profondo, e dal fatto di non avere ancora fissato una direzione che possa trascinare.

Si osserva che in questo momento in cui si sa cosa si lascia, ma non verso dove si va, entri in gioco la "Fede", come elemento che spinga in avanti e che permetta di sperare che si riuscirà a trovare quello che si sta cercando.
Ed è una spinta talmente profonda che è forse per questo che da quel punto se si torna indietro, lo si fa risentiti: perchè è qualcosa a cui ci si aggrappa fortemente, in cui si crede.
Si nota infatti che se dalla "regressione" e da lì a ripetere il pentimento è possibile passare più volte nell'arco della vita, se si torna risentiti alla vitalità diffusa dalla dimora della deviazione, è difficile che da lì si possa decidere di riprendere l'ascesa. 

Ci sembra che diversamente dal cambiamento che viviamo quando passiamo dal cammino della morte, e in cui si cambiano solo elementi esterni, periferici, e pertanto osservabili, nel cambiamento messo in atto nella dimora della tendenza, sia richiesto di lasciare andare elementi più profondi e quindi meno osservabili: lì serve forse un po' di fortuna e tanta attenzione nell'andare a scoprire esattamente cosa si stia conservando, cercando di individuare quali sono quegli elementi che non cambiano mai pur nei diversi tentativi. Solo individuando quegli elementi e vedendoli, si riesce a farli fallire.

Frustrazione è quando ti chiedi il perchè continui a "conservare". Fallimento quando finalmente riesci a comprenderlo.
Ecco perchè forse alcuni di noi registrano nella frustrazione un senso di ingiustizia, e una sorta di sollievo nel fallimento.

Ad ogni modo pensiamo che quello del fallimento sia un processo, e che non sia impossibile che una credenza possa tornare ad agire, anche se già fallita in un'altra tappa vitale.




lunedì 5 novembre 2012

questa sera in saletta..

..cercheremo di comprendere cosa siano le dimore della "tendenza" e della "deviazione"..

insomma, si sale, si sale, si sale! :D


venerdì 2 novembre 2012

Commenti al Capitolo XIX, Gli Stati Interni. 29/10/2012



L’interscambio si è concentrato sui punti 3 e 4 degli “Stati Interni” del Messaggio di Silo.
Molti interventi hanno sottolineato la differenza tra la scelta di intraprendere la Via della Morte e la scelta di intraprendere il Cammino del Pentimento dopo il rifugio della Regressione. Se infatti la Via della Morte è considerata fondamentalmente una rottura con la vita precedente, un distacco dalla vitalità diffusa, senza ancora avere ben chiaro la direzione ed il senso del proprio cammino, il pentimento cosciente è inteso come approfondimento della scelta, caratterizzato da intenzionalità e presa di coscienza, implica la decisione di affrontare veramente e profondamente le proprie contraddizioni, i propri temi. Si ascende, pertanto, solo discendendo nel proprio profondo. Inoltre la Via della Morte è considerata transitoria, ad un certo punto bisogna comunque abbandonarla.
A proposito del tema della “Scelta”, ci si è nuovamente chiesto se la Via della Morte sia una scelta. Secondo qualcuno qualcosa di caotico e forte dal punto di vista spirituale deve accadere, per far decidere di abbandonare la vitalità diffusa. Per altri l’evento scatenante da solo non basta, c’è comunque una scelta, anche se a volte poco cosciente.
Il sentiero della Mutazione, così come descritto nel Messaggio, ad alcuni di noi aveva suggerito immagini di personaggi potenti e oscuri, mentre il gruppo ha poi sottolineato come sia frequente questo cammino in tutti noi. Nella Mutazione non vuoi abbandonare le compensazioni, non vuoi guardarti nel profondo, pur vedendo la meta spirituale, trasformi alcune cose per “metterti a posto la coscienza”. Nel cammino della mano torta, inganni te stesso, scappi da ciò a cui dovresti lavorare, e poni attenzione ed energie su altre cose, ma le contraddizioni verranno fuori a breve. La Mutazione è destinata a fallire, perché è una falsa trasformazione. A tal proposito il racconto di una esperienza personale ha perfettamente illustrato come ci si possa intrecciare una meravigliosa e “coerente” storia  sulle proprie motivazioni e sulle proprie azioni, pur di non affrontare i propri temi. Eppure tante volte “perdiamo tempo” e continuiamo a mutare invece che decidere di pentirsi, nonostante ci si renda conto, prima o poi, che tali manovre non migliorano per niente la nostra vita. Se poi, per un certo tempo, le attività di “fuga” hanno dei benefici apparenti, funzionano nel proprio contesto, è ancora più difficile prendere coscienza della loro inautenticità rispetto ad una vera evoluzione. Molte persone passano tutta la vita mutando continuamente e ostinatamente rispetto ad un tema, senza mai rendersi conto che sarebbe più opportuno cambiare il proprio punto di vista su quel tema (esempi comuni sono il lavoro e le relazioni affettive). Un intervento ha collegato la mutazione ostinata anche al principio 7 (Se persegui un fine, ti incateni).
A volte, però, come sottolinea M., la mutazione ed il suo fallimento sono quasi condizioni necessarie per decidere di morire e pentirsi. A volte si passa, rispetto ad un tema, tante volte per la mutazione, prima di poter morire su quel tema.
Si è proposto un parallelismo tra la dinamica della morte nella vita di una persona, e la morte di una realtà collettiva. Nello specifico, Silo, chiudendo la Struttura, avrebbe permesso la “morte” del movimento e avrebbe così impedito delle “mutazioni” nel movimento.
Per quanto riguarda il pentimento, una esperienza personale ha mostrato che nel pentimento cosciente le prese di coscienza sulle proprie dinamiche avvengono senza sofferenza, ma anzi sono caratterizzate da “sollievo” per le nuove comprensioni raggiunte.
Alla domanda se il pentimento si possa riferire solo ad un’area della vita o se debba abbracciare tutto il percorso esistenziale, il gruppo tende a rispondere che, sebbene ci siano delle aree su cui procediamo più velocemente che in altre, gli stati interni condizionano tutti gli ambiti, perché non riguardano le nostre semplici azioni, ma il modo in cui stiamo, e quindi ogni aspetto della nostra vita comunica con tutti gli altri.
Il pentimento e la mutazione sono stati collegati alla Legge di ciclo. Il percorso degli stati interni segue le leggi di ciclo, come segue tutte le leggi universali. Osservando il proprio percorso ciclico è pertanto possibile vedere come alcune manovre rientrano comunque, in positivo o in negativo, nei passaggi ciclici.
Infine si è ripreso il punto 2 degli Stati Interni: se la morte è rottura, non è né distruzione né trasformazione/mutazione. Nella morte non si trasforma nulla, le trasformazioni arriveranno dopo, nel Pentimento cosciente. 

lunedì 29 ottobre 2012

questa sera in Saletta..

..continuiamo lo studio del capitolo XIX "GLI STATI INTERNI"

abbiamo visto cosa significhi stare nello stato di non-senso, della "vitalità diffusa", e che cosa significhi intraprendere il "cammino della morte" per uscire da lì..

stasera studieremo come proseguire attraverso stati più luminosi, evitando le insidie dei falsi cammini

sempre alle ore 19.30, sempre in via Breda 122

:)

mercoledì 24 ottobre 2012

Commenti al capitolo XIX - Gli stati interni

COMMENTI AL CAPITOLO XIX - GLI STATI INTERNI (Paragrafi 1 e 2)

La prima cosa che mi appare evidente è che c'è una differenza tra "stato" e "via": noto come lo stato di vitalità diffusa, in questo caso, mi dà la sensazione di un circolo chiuso e solo in apparenza dinamico, ma in realtà qui si sta fermi e statici tra la variabilità delle forme che si scelgono. Non appena mi affaccio a valutare il modo di uscire da questo stato mi si presenta l'idea di dinamicità, di movimento e di percorso che si sceglie. Le sento come due condizioni diverse del mio interno.

Nel tentativo di definire, attraverso l'esperienza personale, i limiti dello stato di vitalità diffusa, mi rendo conto che qui manca una direzione chiara della vita: uno stato in cui non si sa dove si sta andando e non se ne conoscono soprattutto le motivazioni. Tutto viene deciso a partire da necessità fisiche che vengono caricate in modo inopportuno, confuse ed elevate come fine ultimo da raggiungere per realizzare se stessi.

Qui è l'identificazione totale con il corpo a cui affido la mia direzione. Questa completa identificazione porta con sè tutte le conseguenze che hanno a che vedere con il percepirsi solamente "corpo": avverto instabilità e variabilità ma entro limiti ben difiniti e piuttosto angusti; partecipo totalmente di tutte le tensioni che mi affliggono, io stesso sono quelle tensioni che continuamente con atti poco coerenti cerco di distendere; ho la sensazione di essere quasi sempre esterno a me stesso e sono molto rari i momenti in cui intravedo qualcos'altro di più profondo dentro di me, a cui peraltro mi riesce difficile dare voce e spazio. E' uno stato in cui, poichè non si riesce a dare valore e importanza ad esperienze più elevate, poichè spesso non si riesce nemmeno a riconoscerle, si ha la tendenza a conservare quanto più possibile il corpo. Ed è uno stato di "vegetazione" per la sensazione di immobilità che posso percepire.

Tutto ciò mi si chiarisce dentro quando mi richiamo il passo del capitolo III ("Il non-senso") dal quale leggo: "Scoprii, nel corso di molti giorni, questo grande paradosso, coloro che portavano il fallimento nel cuore poterono cogliere la vittoria finale; coloro che si sentivano trionfatori, si fermarono lungo il cammino come vegetali dalla vita scialba ed opaca". Questo mi richiama la coincidenza tra identificazione con il corpo, stato di "vegetazione" interna, conservazione del corpo e sperimentazione frequente (cosciente o inconsapevole che sia) del non-senso di tutta l'esistenza.

E' proprio sul punto del fallimento che si pone l'attenzione quando si parla di uscire dallo stato di vitalità diffusa per evolvere. La sensazione sperimentata di fallimenti può essere una molla che mi spinge a intraprendere un'analisi sulla mia vita e proiettare verso il futuro una nuova direzione. La percezione chiara e sincera che meccanismi e comportamenti che finora ho messo in atto, non hanno più validità, è un buon segno per mettersi nell'ottica dell'evoluzione (anche se dovesse essere doloroso per alcuni, o inteso come un grande regalo per altri). Così come la sperimentazione del fallimento, anche puntare maggiore attenzione su esperienze extra-ordinarie, esperienze di un senso dal sapore diverso e più completo, che noi tutti viviamo può modificare lo sguardo che ho sulla mia vita. Inoltre, sperimentare in un certo modo, cosa può significare la morte è un altro motore di trasformazione dello sguardo e della direzione vitale.

...[Da quel punto si può evolvere soltanto attraverso due vie: la via della morte o quella della mutazione]...

Con la via della morte si spezzano alcuni meccanismi: modi di essere e di vedere le cose, perciò si abbandonano cose e si deve essere disposti a lasciarle. Forse è per questo che la scelta di questa strada, almeno inizialmente, ti mette "in presenza di un paesaggio caotico ed oscuro", perchè si perdono momentaneamente i parametri con cui sono sempre stato abituato a vivere.
Lo sperimento come un percorso con prove difficili da superare e per questa via ho bisogno di avere un proposito che mi spinga, mi attiri.
E' molto importante questo punto poichè intraprendere questa via senza un proposito e una decisione interna, una convinzione profonda, potrebbe vedermi soccombere di fronte alle difficoltà che mi si presentano e di qui tornare immediatamente allo stato di vitalità diffusa.

Questa idea mi fa pensare che il cammino per gli stati inerni non ha una configurazione a spirale, ma piuttosto è una diramazione di stati (livelli) e strade diramate che collegano questi ultimi"

lunedì 22 ottobre 2012

GLI STATI INTERNI

Sarà l'argomento di studio di stasera (sempre ore 19.00 sempre in via Breda 122):

XIX. GLI STATI INTERNI

Devi ora acquistare sufficiente percezione degli stati interni in cui puoi venirti a trovare durante la tua vita ed in particolare durante il tuo lavoro evolutivo. Non ho altro modo di descriverli che utilizzando delle immagini (in questo caso, allegorie). A mio parere, esse hanno il pregio di concentrare "visivamente" stati d'animo complessi. D'altra parte, il modo singolare di presentare tali stati collegandoli in catena, come se fossero differenti momenti di uno stesso processo, introduce una variante nelle descrizioni, sempre frammentarie, a cui ci hanno abituato coloro che si sono occupati di queste cose.

1. Il primo stato, nel quale prevale il non-senso (quello di cui abbiamo parlato all'inizio), è definito stato di "vitalità diffusa". Tutto viene diretto dalle necessità fisiche, che spesso però sono confuse con desideri e immagini contraddittori. Lì c'è oscurità nelle motivazioni e nelle azioni. Si rimane in quello stato vegetando, persi tra forme variabili. Da quel punto si può evolvere soltanto attraverso due vie: la via della morte o quella della mutazione.

2. La via della morte ti mette in presenza di un paesaggio caotico e oscuro. Gli antichi conoscevano questo passaggio e lo avevano quasi sempre posto "sotto terra" o nelle profondità abissali. Alcuni hanno visitato questo regno, per poi "resuscitare" in livelli luminosi. Cogli bene questo punto: "sotto" la morte esiste la vitalità diffusa. Perché la mente umana potrebbe associare la disintegrazione che avviene alla morte con fenomeni di trasformazione ad essa successivi; oppure associare il movimento diffuso con lo stato precedente alla nascita. Se la tua direzione è di ascesa, la "morte" significa una rottura con la tua tappa precedente. Per la via della morte si ascende verso un altro stato.

3. Arrivati a esso si trova il rifugio della regressione. Da lì partono due cammini: quello del pentimento e quello che prima è servito per l'ascesa, cioè il cammino della morte. Se prendi il primo è perché la tua decisione tende a rompere con la tua vita passata. Se torni indietro per il cammino della morte, ricadi negli abissi con la sensazione di trovarti in un circolo chiuso.

4. Bene, ti ho detto che c'era un altro sentiero per sfuggire alla vitalità abissale, quello della mutazione. Se scegli quella via è perché vuoi emergere dal tuo penoso stato senza essere disposto ad abbandonare alcuni dei suoi apparenti benefici. E' dunque un falso cammino, conosciuto come "cammino della mano torta". Molti mostri sono usciti dalle profondità di quel tortuoso cunicolo. Essi hanno voluto prendere d'assalto il cielo senza abbandonare gli inferni, e pertanto hanno proiettato nel mondo medio infinita contraddizione.

5. Suppongo che, ascendendo dal regno della morte, e attraverso il tuo cosciente pentimento, tu sia già arrivato alla dimora della tendenza. Due sottili cornici sostengono la tua dimora: la conservazione e la frustrazione. La conservazione è falsa e instabile. Camminando su di essa ti illudi con l'idea di permanenza, mentre in realtà discendi velocemente. Se prendi il cammino della frustrazione, la tua salita è penosa, ma è anche l'unica non-falsa.

6. Di fallimento in fallimento, puoi arrivare al prossimo riposo, che  si chiama "dimora della deviazione". Attento alle due vie che ora hai davanti: o prendi il cammino della risoluzione, che ti porta alla generazione, o prendi quello del risentimento, che ti fa discendere un'altra volta verso la regressione. Lì ti trovi davanti al dilemma: o ti decidi per il labirinto della vita cosciente (e lo fai con risoluzione), o torni risentito alla tua vita precedente. Sono numerosi coloro che, non essendo riusciti a superarsi, hanno troncato qui le loro possibilità.

7. Ma tu che sei asceso con risoluzione ti trovi ora nella dimora conosciuta come "generazione". Lì hai tre porte: una si chiama "Caduta", l'altra si chiama "Tentativo" e la terza "Degradazione". La caduta ti porta direttamente alle profondità, e soltanto un incidente esterno potrebbe spingerti versa di essa. E' difficile che tu scelga questa porta. Quella della degradazione invece ti conduce indirettamente agli abissi, facendoti ripercorrere i cammini in una sorta di turbolenta spirale, nella quale riconsidererai di continuo tutto ciò che hai perso e tutto ciò che hai sacrificato: questo esame di coscienza, che porta alla Degradazione, è certamente un falso esame, nel quale sottovaluti e rendi sproporzionate alcune delle cose che paragoni. Confronti lo sforzo dell'ascesa con i "benefici" che hai abbandonato. Ma se guardi più da vicino, vedrai che non hai abbandonato nulla per quel motivo: i motivi sono stati altri. Pertanto la Degradazione inizia con la falsificazione dei motivi che, a quanto sembra, erano estranei all'ascesa. Io chiedo ora: da che cosa è tradita la mente? Forse dai falsi motivi dell'entusiasmo iniziale? Forse dalla difficoltà dell'impresa? Forse dai falsi ricordi di sacrifici che non ci sono stati o che sono stati causati da altri motivi? Io ti dico e ti chiedo ora: la tua casa è bruciata da tempo, per questo hai deciso di iniziare l'ascesa; ma ora pensi che essa sia bruciata a causa della tua ascesa? Hai dato per caso uno sguardo a quello che è successo alle case vicine?... Non c'è dubbio che tu debba scegliere la porta di mezzo.

8. Sali per la scalinata del tentativo ed arriverai ad una cupola instabile. Da lì, spostati per un cammino stretto e sinuoso che conoscerai come la "volubilità", fino ad arrivare a uno spazio ampio e vuoto come una piattaforma, che porta il nome di "spazio-aperto-dell'energia".

9. In quello spazio ti puoi spaventare per il paesaggio deserto e immenso e per il terrificante silenzio di quella notte trasfigurata da enormi stelle immobili. Lì, esattamente sopra la tua testa, vedrai inchiodata nel firmamento l'insinuante forma della Luna Nera… una strana luna in eclissi che si oppone esattamente al sole. Lì devi aspettare l'alba, paziente e con fede, perché se ti manterrai calmo niente di male ti potrà accadere.

10. Potrebbe succedere che in quella situazione tu voglia tentare un’uscita immediata. Se questo accadesse, potresti avviarti a tentoni verso qualsiasi luogo, pur di non aspettare, prudentemente, il giorno. Devi ricordare che lì, nell'oscurità, ogni movimento è falso e si chiama genericamente "improvvisazione". Se, dimenticando ciò che ti dico, tu cominciassi a improvvisare delle mosse per tuo conto, sii certo che sarai trascinato da un turbine tra sentieri e dimore, fino al fondo più oscuro della dissoluzione.

11. Com'è difficile comprendere che gli stati interni sono incatenati gli uni agli altri! Se vedessi quale logica inflessibile ha la coscienza, avvertiresti che, nella situazione descritta, chi improvvisa alla cieca fatalmente incomincia a degradare e a degradarsi; poi sorgono in lui i sentimenti di frustrazione, ed egli cade nel risentimento e nella morte; quindi sopraggiunge l'oblio di quello che un giorno era arrivato a percepire.

12. Se nella spianata riesci ad arrivare al giorno, sorgerà di fronte ai tuoi occhi il sole raggiante, che ti rivelerà per la prima volta la realtà. Allora vedrai che in tutto l'esistente vive un Piano.

13. E' difficile che tu cada da lì, a meno che decida volontariamente di scendere verso regioni più oscure per portare la luce alle tenebre.

Non giova  andare oltre su questi temi perché essi, senza esperienza, ingannano e trasferiscono al campo dell'immaginario ciò che è realizzabile. Che quanto detto fin qui possa servire! Se quel che ho spiegato non ti fosse utile, che cosa potresti obiettare se in ogni modo niente ha fondamento né ragione per lo scetticismo,  prossimo all'immagine di uno specchio, al suono di un'eco, all'ombra di un'ombra?

A seguire Cerimonie di Benessere e Uffizio





mercoledì 17 ottobre 2012

Commenti al capitolo "Azione e reazione della Forza"

Alcune osservazioni fatte durante lo studio del capitolo:

Nel momento in cui ringrazio rimango sempre stupito da quanto mi cambi lo stato d'animo. Approfondendo, col tempo, è diventato una porta d'accesso al profondo.
il fatto di ringraziare ha a che vedere con l'integrare quello stato. Entra dentro di te, nel profondo della tua coscienza, e passa via meno spesso. Gli si dà maggiore valore.

Ho sempre ringraziato, ma solo da un anno ho scoperto il vero meccanismo di cui si parla qui: ogni volta che ringrazi, per qualunque cosa, ti connetti a un'immagine, sempre la stessa. in questo modo ogni ringraizamento la carica di più. Allora quando stai male basta che richiami quell'immagine, che così caricata, si porta dietro tutto il positivo. Nell' esperienza sembra quasi una magia, immediatamente cambia tutto.
Basta riprendere quell'immagine, non devi rievocare stati d'animo, anche perchè è molto difficile quando stai male evocare stati positivi, ma basta l'immagine. Lei agisce da sola, proprio grazie all'azione precedentemente operata e accumulata su quell'immagine.

Si capisce anche perchè questo capitolo si intitoli azione e reazione della forza, anche se nel testo non cita mai la forza.. Da qui sembra che la forza sia la carica che ogni immagine possiede.
Ma se fosse solo questo la Forza non si spiegherebbero le esperienze straordinarie in cui si sente questa forza che arriva da un'altra persona o da altro ancora.
Forse la carica di un'immagine non è qualcosa che rimane dentro. Normalmente si pensa che quando uno immagina lo fa dentro la sua testa e finisce lì, come se quella cosa non c'entrasse con la "realtà", ma forse invece questa carica si può trasmettere, e quando immagini, quello che immagini (e non tratta solamente di rappresentazioni visive) esce fuori da te, arriva agli altri e influenza ciò che ti circonda.

In questo modo si comprende come e perchè funzioni la cerimonia di Benessere. Si tratta di immaginare situazioni positive per altri, e quelle immagini, caricate con l'affetto che si sente per quelle persone, agiscono e modificano le situazioni.

Perciò se quella carica, quella forza, viene direzionata in negativo provoca negatività.

Questa cosa di richiamare un'immagine quando sono in uno stato negativo la faccio spesso. In realtà uso due o tre immagini, e mi ci connetto anche quando non sono proprio in uno stato pessimo, magari è stata solo una giornata un pò storta, io mi connetto a una di quelle immagini e poi sto meglio. A volte passano un paio d'ore prima che mi cambi lo stato d'animo, ma alla fine sto sempre meglio.

lunedì 15 ottobre 2012

Questa sera in saletta

meditiamo su cosa significhi e a cosa serva "ringraziare"

XVIII. AZIONE E REAZIONE DELLA FORZA

Prima ti ho spiegato: " Quando incontri una grande forza, allegria e bontà nel tuo cuore, e quando ti senti libero e senza contraddizioni, ringrazia immediatamente dentro di te ".


1. "Ringraziare" significa concentrare gli stati d'animo positivi associati ad un’immagine, ad una rappresentazione. Questo collegamento consente, nei momenti negativi, di far sorgere lo stato positivo evocando l’immagine che l'aveva precedentemente accompagnato. Potendo, poi, essere potenziata per ripetizione, questa  "carica" mentale risulterà capace di scacciare le emozioni negative imposte da determinate circostanze.

2. Perciò, quello che hai chiesto tornerà da dentro di te amplificato in beneficio, a patto però che abbia accumulato in te numerosi stati positivi. E non è forse il caso di ripetere che questo meccanismo è servito (in modo confuso) per "caricare all’esterno" oggetti e persone, o anche entità interne proiettate all’esterno, nella convinzione che esaudissero preghiere e richieste.

A seguire cerimonie di Benessere e Uffizio :)

martedì 9 ottobre 2012

Studio sulla seconda parte del capitolo XVII del Messaggio di Silo: Perdita e repressione della Forza.

(...)
3. Il controllo del sesso da parte di una determinata "morale" sociale o religiosa è servito a disegni che non avevano niente a che vedere con l'evoluzione, ma piuttosto con il suo contrario.

4. La Forza (l'energia della rappresentazione della sensazione dell'intracorpo), ha preso una via crepuscolare nelle società represse, dove si sono andati moltiplicando gli "indemoniati", gli "stregoni", i sacrileghi ed i criminali di ogni tipo, che godevano della sofferenza e della distruzione della vita e della bellezza. In alcune tribù e in alcune  civiltà i criminali si trovavano tanto tra coloro che giustiziavano che tra i giustiziati. In altri casi si è perseguitato tutto ciò che era scienza e progresso, perché si opponeva all'irrazionale, al crepuscolare e al represso.


5. In alcuni popoli primitivi e anche in altri considerati "di civiltà avanzata", esiste ancora la repressione del sesso. E' evidente che il segno distruttivo è grande in entrambi, anche se nei due casi l'origine di questa situazione è diversa.


6. Se mi chiedi ulteriori spiegazioni, ti dirò che in realtà il sesso è santo, ed è il centro dal quale scaturisce la vita ed ogni creatività. Ma quando il suo funzionamento non è risolto, è da esso che sorge ogni impulso di distruzione.


7. Non credere mai alle menzogne degli avvelenatori della vita quando si riferiscono al sesso come a qualcosa di spregevole. Al contrario in esso esiste bellezza, e non a caso è in rapporto con i migliori sentimenti dell'amore.


8. Consideralo come una grande meraviglia da trattare con cura e delicatezza, e non trasformarlo in fonte di contraddizione o in un disintegratore dell'energia vitale.






Osservazioni:
  • "Se reprimi --> crepuscoli" (cit.)
  • Si osserva che chi tratta con libertà questo tema, è tendenzialmente una persona libera anche negli altri ambiti, nelle sue azioni, nei suoi pensieri, etc. Questo rende poco "controllabili" da parte dei "poteri superiori". Che pertanto tendono a reprimere la sessualità, con atti intenzionali o meno.
  • Togliendo quindi repressione sessuale dalla società attuale, si avrebbe un grande cambio sociale: ad esempio il concetto di famiglia sarebbe del tutto da ripensare, così come quello della coppia.
  • Il sesso è in rapporto "con i migliori sentimenti dell'amore", come ad esempio la libertà. Tuttavia si osserva che al contrario, nella vita, è per noi in relazione anche ai "peggiori" sentimenti della sfera affettiva, come ad esempio possesso, gelosia, etc.
  • Detto questo ci viene da pensare che il punto 6 sia una ricetta molto semplice e precisa per andare in direzione di una Liberazione totale, e non solo dell'ambito affettivo/sessuale.
  • Ci viene da dire che il sesso è "una meraviglia" non essendo mai uguale.
  • Ad ogni modo non si definisce in questo capitolo una "forma" determinata. Si tratta di una Sacralità semplice, non "codificata", lasciando estrema libertà a ognuno di scegliere quella che desidera. Anche se sicuramente si inseriscono in questo ambito contenuti che non ne fanno parte, e che addirittura possono bloccare il sorgere di questa Libertà e dei Migliori Sentimenti.
  • Si osserva che è infatti, ad esempio, molto difficile riuscire a non voler "trattenere" le esperienze meravigliose che è possibile vivere in questo ambito, non riuscendo ad accettare che ogni esperienza ha un termine. Ma così si perde in meraviglia :)
SINTESI:
Abbiamo da lavorare, spontaneamente, senza forzare, ma con intenzione!

:)

martedì 22 maggio 2012

TUTTI FUORI DALLA SALETTA!!!

Ovvero la gustosa cena mensile della Saletta di via Breda..

ore 20.30 si comincia..non si sa quando si finisce.. :)

Per chi volesse segnalare la sua presenza su Facebook, il link dell'evento è QUI


Non importa da che parte ti abbiano messo gli eventi...

"Non importa da che parte ti abbiano messo gli eventi, ciò che importa è che tu comprenda di non aver scelto nessuna parte"

Leggo questo principio e le prime domande che mi vengono sono: 
- Come non ho scelto nessuna parte?
- Quando non ho scelto nessuna parte?
Mi sembra che sempre mi ritrovo a scegliere tra condizioni, e quindi come posso affermare di non aver scelto?
Se no, ogni volta, potrei paracularmi dicendo "ah beh, ma io non ho scelto nessuna parte, cosa volete da me?"

Posso considerare "eventi" il fatto di esser nata donna o uomo, in un certo paese, una determinata cultura o famiglia. In questo senso son tutte cose che non ho scelto, mi ci sono ritrovata, nulla di tutto ciò dipende da me.

E' il principio della non-discriminazione: se comprendo che non ho scelto una determinata cosa (per esempio nascere donna), ma che mi ci sono ritrovata, crolla tutto il fondamento alla base della discriminazione.
Posso anche dire che non ho scelto finchè non ho compreso la situazione in cui mi trovo ubicato, finchè non ho chiaro che posso scegliere: a volte mi trovo in una situazione a seguito di scelte "non coscienti"; solo in un secondo momento, quando osservo il processo, mi rendo conto che in realtà non sono stato obbligato a fare quella scelta, che sembrava la più ovvia, normale, di buonsenso. E allora inizio a chiedermi cosa voglio veramente, a partire da quel punto e quel momento in cui mi trovo e in cui mi hanno messo gli eventi; e da lì in poi mi trovo a poter scegliere.

Nel momento in cui ricordo e riconosco ciò che mi ha portato fin qui, mi sento liberato all'istante, a meno che non prenda la via della recriminazione su ciò che mi ha condotto fino a quel punto; ma da quel momento posso sentirmi libero di scegliere un'altra cosa, un'altra strada, agire diversamente.
Se mi "aggrappo" al mio paesaggio di formazione, mi "obbligo" a comportarmi in base ad esso, se invece comprendo di non aver scelto quel paesaggio, posso comprendere ciò che sono veramente, e liberarmi dal dover essere in un certo modo, prestabilito da eventi esterni.

Se tolgo valore ad una scelta ed al suo opposto, mi sto mettendo al di sopra delle due scelte, e al mio centro ci posso arrivare comunque, indipendentemente dalle condizioni d'origine.

lunedì 21 maggio 2012

Questa sera in Saletta..

alle 19.30 studiamo l'11 Principio di Azione Valida:

"Non importa da che parte ti abbiano messo gli eventi, ciò che importa è che tu comprenda di non aver scelto nessuna parte."


martedì 15 maggio 2012

Quando tratti l'altro...

"Quando tratti l'altro come vuoi essere trattato, ti liberi"

Mi rendo conto che è più facile accorgermi del contrario: di quando tratto male l'altro e mi sento incatenati da questo atteggiamento. O anche di quando non mi sento trattato bene dall'altro.

Leggendo il principio mi viene da chiedermi come vorrei essere trattato, cosa vorrei ricevere dall'altro.
Com'è che voglio essere trattato? Non è facile avere chiarezza su questo.
Devo fare attenzione a non muoversi per meccaniche compensatorie, proiettando sull'altro quello che piace a me, perchè non è detto che ciò che piace a me corrisponda a ciò che piace all'altro, e mi rendo conto che quando mi comporto così, resto molto in superficie, non sto davvero cercando di trattare bene l'altro, ma mi sto muovendo per compensazione, cercando di capire cosa vorrebbe l'altro, magari per sentirmi buono, o sentire riconoscenza o riconoscimento da parte dell'altro.
Mi sembra molto più interessante invece puntare a lasciare la libertà all'altro, indipendentemente se questo implica che l'altro farà qualcosa che non ci fa piacere.


Non sempre mi connetto con la seconda parte del principio, quella della libertà, in cui mi rivela che agendo in accordo con il principio, mi libero.
 
Questo principio c'entra con l'amore che mandi verso l'altro: prima lo devi trovare dentro di te, e poi lo puoi passare all'altro.
Lo stesso concetto, di trattare l'altro come si vuol essere trattati, lo si ritrova in molte culture, come se fosse una legge universale, ed è interessante notare che differenti culture, ambienti etc, abbiano prodotto la medesima comprensione, come se stesse all'interno dell'essere umano stesso.

Ma com'è che se siamo tutti d'accordo su questo principio, non riusciamo ad applicarlo? Perchè è così difficile?
Forse perchè c'è da mettersi davvero nei panni dell'altro, lasciando perdere i miei desideri o interessi.
O forse anche perchè questa libertà mi fa un po' paura, dal momento che dal momento in cui ce l'ho, non posso più incolpare nessuno.... e son talmente abituato a muovermi su binari, dentro recinti, che uscirne spaventa.
Mi torna in mente "A proposito dell'Umano" quando dice "più t'allontani e più mi sento riconfortato, perchè ho contribuito a spezzare le tue catene". Forse non sempre questo accade, e a volte non subito.... ma cmq. contribuisce a spezzare anche le mie di catene :-) 


Se non ho un certo tipo di esperienza (unitiva) trovo normale comportarmi diversamente (meccanicamente) perché non ho un'alternativa da confrontare e tra cui poter scegliere.
So riconoscere quando c'è un registro che mi indica che sto facendo bene: e si manifesta con una certa fluidità di relazione, assenza di resistenze e censure.
Più aspiri a costruire questo tipo di relazione, più ti accorgi dei campanelli di allarme che indicano quando stai agendo in contrasto con il principio.
Quando mi permangono appesi contenuti altrui, sono io che mi sto incastrando, che sto trattenendo l'altro.
Le mie paure mi bloccano e non mi liberano, se le identifico posso indagare e liberarmi, se no resto incatenato e trascino l'altro nelle mie paure e nelle mie catene.

Questo è un principio in crescita: man mano imparo a riconoscere come voglio essere trattato e come trattare gli altri.


Spesso viviamo talmente immersi nei nostri insogni, ci crediamo così fortemente, che anche quando vediamo arrivare certi indicatori d'allarme, non gli diamo retta, e continuiamo finchè quell'insogno fallisce, per lasciar spazio ad un nuovo insogno, o anche alla ripetizione.

E' importante dare valore alle volte in cui riesco ad applicare questo principio,
è importante memorizzare il registro cenestesico dei momenti positivi,
è importante Ringraziare: la conversione si dà nel riconoscimento.

Quando tratti qualcun altro, stai facendo un'operazione verso il mondo, vedi gli altri come parte integrante del tuo mondo, e lo sguardo che metti sul mondo dell'altro e sulle sue diversità, è liberatorio.




martedì 24 aprile 2012

Farai sparire i tuoi conflitti...

"Farai sparire i tuoi conflitti quando li avrai compresi nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere."

Per un anno, a giorni alterni, ho meditato sulle mie contraddizioni e su quali fosser le loro radici. Per trovare le contradizioni pensavo a come si era svolta la giornata e a ciò che mi aveva creato tensioni, sofferenza, etc. e mi chiedevo cosa fosse accaduto, andando indietro il più possibile, e alla fine arrivavo sempre ad identificare una mia contraddizione, spesso la stessa.
Qualsiasi sofferenza banalissima, disappunto, ansia, etc. che attribuivo ad un altra persona, alla fine mi riconduceva ad una mia aspettativa o altro.
Questo mi ha portato a riconoscere, mentre sorgevano queste situazioni, da cosa nascevano, o a metterle da parte, per meditarci successivamente, ma comunque tenendo presente che non dovevo crederci, non dovevo dargli retta.
Il conflitto non è esterno, ma si tratta di contenuti tuoi che emergono.

Per conflitto intendiamo un problema o qualcosa che ci crea tensione.
Quando ti concentri su un problema, con l'intenzione di risolverlo, non ci riesci.
Quando ci sono conflitti di opinione, ognuno cerca di far valere la propria, di imporla; e la cosa migliore è andare alla radice, e vedere perchè uno vuole quella cosa o l'altra.
Anche in caso di conflitto con sé stessi, andare a cercare da dove viene è l'unico modo per superarlo, e decidere cosa fare o cosa scegliere.
A volte anche quando mi interrogo e vedo da dove nasce, il conflitto non sparisce, trovo giustificazioni o sento ingiustizia, o non so come gestirlo. In questo caso sto riconoscendo la radice solo a livello intellettuale (capisco), ma non lo sto portando in profondità (comprendo).
Il livello attenzionale è fondamentale: quando sono lucida e comprendo, sto bene; ma appena cala l'attenzione, quel conflitto ricompare: saltano fuori le credenze, il passato, la cultura. Però riemerge con meno carica.

Ha a che fare con lo stabilito: se si credo e non lo metto in discussione, continuerò a dare le stesse risposte.

C'è un fascino nei conflitti: è bello prendersela con qualcuno, litigare, avere ragione: è confortante, è compensatorio. Se l'altro è cattivo, significa che tu sei buono.

Mi smonto l'illusione che sia dalla mente che parte la volontà di risolvere un conflitto, quando invece per risolverlo devo partire da un'altra parte e usare altri strumenti. Comprenderlo parte da una necessità.

Se sparisce il conflitto, puoi anche continuare a fare o ripetere l'atto che ti creava conflitto, ma senza più soffrire (per esempio senza sentire sensi di colpa).

Quando decido di fare qualcosa metto attenzione, ma poi non riesco a mantenerla e mi sento in colpa, e me la prendo con me stesso.

lunedì 23 aprile 2012

Questa sera in saletta

..chiacchieriamo dell' ottavo principio di azione valida:


"Farai sparire i tuoi conflitti quando li avrai compresi nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere."

A stasera!


mercoledì 18 aprile 2012

Se persegui un fine...

"Se persegui un fine, ti incateni. Se tutto ciò che fai, lo fai con un fine in sé stesso, ti liberi."

Fa subito pensare al fare le cose perchè ha senso farle, al di là dell'esito. Se applicato, questo principio modifica tutta la tua vita, perchè farai solo ciò che ti sembra abbia senso. Pertanto, ti porta a chiederti, e a scoprire, ciò che per te ha senso.
Questo principio ti porta a chiederti il perché di ogni cosa che fai, e ti rivela ciò che ti muove.

C'è incatenamento quando per ottenere il tuo obiettivo, ti trovi a doverti muovere in un certo modo predeterminato.
Se persegui un fine sei incatenato anche a tutte le cose esterne necessarie ad ottenerlo, e quindi si crea una dipendenza che incatena e determina il tuo clima.

Se invece fai le cose come un fine in sé stesso, sei sempre coerente, anche nel cambiare idea se decidi di farlo.

Mi rendo conto che ci sono tante cose che non faccio per paura di non raggiungere il risultato, e quindi me ne privo. Se invece faccio le cose slegate dal risultato, decadono anche le paure collegate.

Quali sono gli indicatori che sto agendo bene?
- quando apprezzo anche il percorso che sto facendo
- quando tutti i risultati che potrebbero presentarsi (o non presentarsi) mi staranno bene, li accetterò,
allora starò facendo quell'atto perché ha senso farlo; seinvece qualche ipotetico risultato lo rifiuto, ecco che sono ancora incatenato all'esito.

Questo è un principio che si contrappone al mito della ricerca del successo: da un obiettivo esterno, ti riporta ad un senso interno.

Anche questo principio è molto legato alle aspettative.

Relativamente al Proposito, non vi è persecuzione di un fine, perché non sacrifica nulla, ma porta avanti tutto insieme, e ogni passo che si fa per arrivarci, è valido anche preso da solo.

Questo principio ti evita il risentimento perché non hai nessuno da incolpare se non raggiungi un fine, nemmeno te stesso.
E se non raggiungi l'obiettivo, chissenefrega: voliamo sulle ali di un uccello chiamato tentativo.




lunedì 16 aprile 2012

Questa sera in saletta..

..parleremo del settimo Principio di Azione Valida:

"Se persegui un fine, ti incateni. Se tutto ciò che fai, lo fai come un fine in se stesso, ti liberi."

tratto dal XIII capitolo del libro "Il Messaggio di Silo"




mercoledì 4 aprile 2012

Se persegui il piacere....

"Se persegui il piacere, ti incateni alla sofferenza. Ma se non danneggi la tua salute, godi senza inibizioni quando si presenta l'opportunità" - 6° Principio di azione valida

Perchè parla di non danneggiare la tua salute? Perchè il corpo ti serve. E infatti proprio nel capitolo I La Meditazione si dice anche "qui c'è amore per il corpo".
Il piacere è inteso come qualcosa che è collegato al corpo (sesso, cibo, sonno, e tutto ciò che è vegetativo), altrimenti non parlerebbe di salute, che riguarda esclusivamente il corpo.

Ci sembra interessante che venga sottolineato che conviene godere "senza inibizioni", queste infatti sono molto personali, hanno a che fare con le varie "morali" con cui si è entrati in contatto e riguardano le censure e il trattenersi; elemento che va totalmente in contrasto col fare ciò che ci si sente di fare.
La negazione pregiudiziale è legata al viversi la cosa con contraddizione.


Questo principio ci riporta alla scala di valori, l'immagine di sè, i pregiudizi, il paesaggio di formazione, le menate, le credenze, lo sguardo esterno e il giudice interno.
Quanto siamo liberi di fare veramente ciò che vogliamo?

"Quando si presenta l'opportunità" non vuol dire che uno deve, ma quando uno vuole.
Ha a che fare con la direzione che dai alla tua vita e non può prescindere dagli altri principi.

Il "perseguire" denota un accanimento, il fatto di dare tutta questa importanza all'atto, e quindi manipolare la situazione per far sì che il piacere si dia, ti incatena; non sei libero. E' tutto legato alle aspettative.
Se vai nel mondo aperto a ricevere tutto come se fosse un regalo, ti cambia la prospettiva e ti libera.
Se persegui il piacere, non ti accorgi di tutto il resto che ti accade attorno.
Quando uno si fissa nel perseguire il piacere, si ritrova talmente incatenato alla sofferenza che non gode neanche.
E' l'atteggiamento mentale che è diverso: se diventa un oggetto mentale, si lega ad un insogno.
Perseguire ti fa fare fatica per ottenere una piccola soddisfazione; mentre quando arriva l'occasione, ci si gode tutto, anche il fatto che si sia presentata l'opportunità.

Ho sempre perseguito il piacere dell'ozio (e del sonno), anche se poi magari i sensi di colpa mi inducevano a non goderne davvero. Nel perseguirlo mi incatenavo, perché in realtà utilizzavo l'ozio come una fuga. Alla fine non mi godevo il sonno perché sapevo che c'erano altre cose da fare (senso di colpa). Se si sceglie in base alla comodità, dietro c'è un'inculata: ti stai facendo condizionare dal tuo corpo, è lui che sta decidendo, invece dovrebbero essere le tue aspirazioni a orientarti.

Siccome non riesco a godere senza inibizioni quando si presenta l'opportunità, allora già mi ritrovo a perseguire questo piacere. Mi sono chiesta da dove viene questa cosa, e sicurametne c'entra il paesaggio di formazione quando ci facevano credere che è giusto soffrire, che la penitenza serve ad espiare i peccati decisi dalla morale, etc. Tutto ciò crea conflitto con il "tratta l'altro come vorresti essere trattato.

Quando si sta con un certo livello di attenzione, i registri sono inequivocabili.
Si agisce in base alle necessità, e la necessità va cambiando man mano che si lavora con sé setessi, e all'aumentare della possibilità di scelta.
Il perseguire è legato ad un registro di forzatura; così come il "quando si presenta" richiama il fatto di saper cogliere o lasciar andare.
Il lasciar andare può anche esser visto non solo come un "perdere qualcosa, ma come una trasformazione, dove lì non perdi nulla, ma si trasforma in qualcosa d'altro.

lunedì 26 marzo 2012

Questa sera in saletta..

..si chiacchiera del sesto Principio di Azione Valida:


"Se persegui il piacere, ti incateni alla sofferenza. Ma se non danneggi la tua salute, godi senza inibizioni quando si presenta l'opportunità."




mercoledì 21 marzo 2012

Se per te stanno bene il giorno e la notte, l'estate e l'inverno, hai superato le contraddizioni

Amici, questo quinto principio di azione valida, come tutti gli altri, inizialmente ci è nebuloso e poi ci spiazza con le intuizioni che ci fa sorgere :-)
Iniziamo a vedere che per qualcuno risulta talmente 'impossibile' che non ti metti di punta a volerlo comprendere.
Ma riflettendoci insieme, vediamo che è un'allegoria di quando ci disponiamo ad accettare di buon grado sia i momenti difficili che quelli facili, e questo ha a che fare con l'amare la realtà che si costruisce, e comprendiamo che 'come uno sta' non dipende dalle condizioni esterne.
Rispetto a quando ci accadono cose negative, non è scontato che una persona debba soffrire: può dare delle risposte differenti, e questa consapevolezza rompe lo stabilito e amplia molto l'orizzonte.
Se si fa una domanda e si è pronti a ricevere ed accettare qualsiasi risposta arriverà, non si sentirà contraddizione anche se non dovesse arrivare la risposta che si desiderava ricevere.

Quando si ha chiaro cosa si vuole davvero, non importano le condizioni esterne, si porta avanti quella cosa, e non si hanno registri di contraddizione interna mentre lo si fa; nel frattempo, altre cose che si ritenevano necessarie, si riproporzionano.
Quando si sente internamente di voler fare una cosa, in un certo qual modo le condizioni esterne si creano; invece di preoccuparci di una cosa, ce ne si occupa, e mentre lo si fa, non sembra più così difficile come prima di cominciare.
Tutto ciò ha a che fare con un livello di attenzione più alto, con una direzione.

Di fronte a situazioni che non si riescono ad accettare, può essere d'aiuto ripeterci questo principio, e immediatamente la tensione, seppur temporaneamente, si rilassa, e lascia spazio per meditare e convertire immagini

Ci accorgiamo che l'estate e l'inverno, il giorno e la notte, non sono parole scelte a caso, ma rappresentano elementi che in sè non contengono accezioni positive o negative; semplicemente sono elementi contrapposti, e sui quali non si ha modo di intervenire o di agire.
Quindi questo principio sottolinea che in ogni cosa è nascosta un'opportunità da svelare e da cogliere.

Chissà cosa sveleremo e coglieremo durante questa settimana..... :-)

Sandra

martedì 13 marzo 2012

Considerazioni emerse nell'interscambio sul 4° Principio "Le cose stanno bene quando vanno insieme, non quando vanno separate"

Notiamo subito che questo Principio è collegato alla propria scala di valori. E' importante osservare la propria scala di valori per come è ed agisce (e non per come vorremmo che fosse). Spesso ci sono ambiti o aspetti che diamo per scontati, o trascuriamo, o a cui ci dedichiamo ad intermittenza. Spesso è difficile ammetterlo con sé stessi, ma accettare di essere "sproporzionati" ci apre la possibilità di poterci riproporzionare.
Serve esperienza per capire la proprozione giusta da dare alle cose.
La sproporzione è un chiaro segnale che si sta immersi nei propri insogni.
Non si tratta solo di riproporzionare la quantità di energia applicata ad un ambito, ma di saggiarne la qualità: per esempio si può decidere di collocare in cima alla scala di valori "un modo di stare" ed applicarlo in tutti gli ambiti. La proporzione non va pensata solo relativamente ai tempi della giornata, ma va vista in processo.
Tutto ciò ha a che fare con l'ordinare le cose, e con lo stile di vita.
Questo principio è meraviglioso perchè mette al riparo dai fanatismi.

Sandra

Le leggi universali e i Principi di azione valida

ieri sera chiacchierando del principio di proporzione (le cose stanno bene quando vanno insieme, non quando vanno isolate) mi è venuto in mente che probabilmente questo deriva dalla legge di struttura. e che probabilmente ognuno dei 12 principi deriva da una (o più) leggi universali. Trovo interessante provare ad approfondire i principi anche da questo punto di vista, trovando la loro radice universale appunto, perciò pubblico di seguito le 4 leggi universali enunciate da Silo, buona giornata e buone relazioni
Chiara


Le Leggi Universali


Legge di Struttura
Niente esiste isolato, ma in relazione dinamica con altri esseri all’interno di ambiti condizionanti.

Legge di Concomitanza
Ogni processo è determinato da relazioni di simultaneità con processi dello stesso ambito e non da cause lineari del movimento precedente da cui proviene.

Legge di Ciclo
Tutto nell’Universo è in evoluzione e va dal più semplice al più complesso e organizzato, secondo tempi e ritmi ciclici.

Legge di Superamento del Vecchio ad opera del Nuovo
La continua evoluzione dell’Universo mostra il ritmo di differenziazioni, combinazioni e sintesi ogni volta di maggiore complessità. Le nuove sintesi accolgono le differenze precedenti ed eliminano materia ed energia qualitativamente non accettabili per i passi più complessi.



lunedì 12 marzo 2012

Le cose stanno bene

"Le cose stanno bene quando vanno insieme, non quando vanno isolate"
Il principio di azione valida di cui parleremo stasera dalle 19.30 in saletta, a seguire cerimonie d'uffizio e di benessere e agape d'amicizia
A proposito di questo principio mi colpisce subito subito questa cosa che "le cose stanno bene", sì ok quando vanno insieme, ma "stanno bene". è già strano questo, che si possa affermare che le cose possano davvero stare bene.. vabè ne parliamo dopo
baci
Chiara


lunedì 5 marzo 2012

Stasera in saletta

c'è Mara Repa!!!
studieremo il 3° principio di azione valida: "Non opporti ad una grande forza, retrocedi finchè non si indebolisca, allora avanza con risolutezza."
poi cerimonie di benessere e uffizio
dalle 19,30 alle 21,30
a dopo

martedì 21 febbraio 2012

I Principi
1. Andare contro l'evoluzione delle cose è andare contro se stessi"

Quando ho sentito che andare contro l'evoluzione delle cose è andare contro se stessi? Quando fare la solita cosa meccanica, quando applicare uno sforzo, una morale, un perchè è giusto, perchè si deve fare, perchè è così, me lo hanno insegnato o meglio programmato così, risuonava senza alcun fondamento, mi restituiva solo una sensazione di sforzo, di trattenere e conservare a volte come a qualunque costo, mi risuonava internamente violento verso di me e l'altro (gli altri)... Andare verso l'evoluzione delle cose ha un sapore di lasciare un pò le redini, di liberare, di ascoltare ed esprimere la mia voce e le mie aspirazioni più profonde, di liberare me e gli altri ..ma questo non deve confondere, non è arrendersi o quella cosa un pò naif come va dove ti porta il vento ..è ..
cito "Non è indifferente ciò che fai della tua vita. La tua vita, sottomessa a leggi si trova esposta a possibilità che puoi sceglier. Non ti parlo di libertà, ti parlo di liberazione, di movimento, di processo. Non ti parlo di libertà come di qualcosa di quieto ma di liberarsi passo a passo, come si libera del cammino che ha dovuto percorrere colui che si avvicina alla sua città. Allora "ciò che si deve fare" non dipende da una morale lontana, incomprensibile e convenzionale, ma leggi: leggi di vita, di luce, di evoluzione" Silo- I Principi

La vita cerca la crescita, evolve verso l'amore e la compassione. Che figata:)

Come fare ad acquire questa sensibilità, questa lungimiranza e vedere prima dove vanno quali sviluppi avranno i processi umani personali e sociali?

l'esperienza con le cerimonie
come ritornare a casa e ritrovarci, sentire che a volte gli altri ti conducono soavemente per mano dove tu non arrivi, chiedere e non dare risposte, mollare un pò e regalare una menata di proprietà e così avere un pò di energia libera per connettersi con gli altri.. e poi alla fine mi sorge la richiesta di "chiarire ciò di cui ho realmente bisogno" e oggi è arrivato un  "postino"

lacate

Questa non è una cena..



Qui trovate il link Facebook dell'evento 

lunedì 20 febbraio 2012

Stavolta è vero

che stasera dalle 19,30 in saletta si parla dei Principi di azione valida (cap. XIII dello Sguardo Interno)
e poi cerimonia di Benessere e di Offizio.


mercoledì 15 febbraio 2012

Studio e interscambio sul tema del fallimento

Domenica 19 febbraio, dalle 12.00 a quando ne abbiamo voglia, studiamo e parliamo del tema "il fallimento" tratto dal "Manuale dei temi formativi e pratiche per i Messaggeri".
Causa neve l'appuntamento non è al Parco di Sudio e Riflessione Casa Giorgi, ma alla Saletta di via Breda, in via Breda 122 a Milano.

Di seguito il testo di riferimento

Tema formativo Nº 2

Il Fallimento

“...Scoprii, nel corso di molti giorni, questo grande paradosso: coloro che portavano il fallimento nel cuore poterono cogliere la vittoria finale; coloro che si sentivano trionfatori, si fermarono lungo il cammino come vegetali dalla vita opaca e scialba..”
da Lo Sguardo Interno


Da Psicologia I, Appunti di Psicologia
Di fronte al mondo, la coscienza tende a compensarlo in modo strutturato grazie a un complesso sistema di risposte. Alcune risposte (espresse attraverso i centri) arrivano al mondo oggettuale direttamente, ma altre restano nella coscienza ed arrivano al mondo indirettamente tramite alcune manifestazioni del comportamento. Queste compensazioni della coscienza tendono ad equilibrare l’ambiente interno rispetto all’esterno. Tale vincolo si stabilisce in base alle esigenze che nascono nell’individuo quando sente l’urgenza di rispondere ad un mondo complesso (naturale, umano, sociale, culturale, tecnico e così via).
Ecco allora nascere il “nucleo dell’insogno” come risposta compensatoria più rilevante e gli “insogni secondari” come risposte particolari a tali esigenze. Gli insogni sono visualizzabili come immagini; non così il loro nucleo, percepito piuttosto come un clima allusivo che continua a conformarsi col tempo, acquisendo progressivamente il potere di direzione delle tendenze e delle aspirazioni personali.
Nella fase di esaurimento dal nucleo dell’insogno, quando questo cessa di dirigere lo psichismo, si possono osservare le forme e le immagini che esso ha adottato. Perciò è più facile registrare il nucleo all’inizio o alla fine del suo processo, e non nella sua tappa intermedia, che è quella nella quale più dirige l’attività psichica. Abbiamo qui un paradosso: l’essere umano non percepisce quel che più ne determina il comportamento, perché il nucleo opera come trasfondo che risponde in modo totalizzante alle molteplici esigenze della vita quotidiana.
Il nucleo dell’insogno guida le aspirazioni, gli ideali e le illusioni che, ad ogni tappa della vita, cambiano. Dopo questi cambiamenti o variazioni nel nucleo l’esistenza si orienta in altre direzioni e, parallelamente, si producono cambiamenti nella personalità.
Tale nucleo si esaurisce da solo, come si esauriscono gli insogni propri di un’epoca che informano l’attività di tutta una società. Mentre, da una parte, il nucleo offre una risposta generale alle esigenze dell’ambiente, dall’altra compensa le deficienze e le carenze fondamentali della personalità, imprimendo al comportamento una determinata direzione. Tale direzione può essere valutata diversamente, a seconda che si incammini o no sulla strada dell’adattamento crescente.
Gli insogni e il nucleo imprimono alla coscienza una suggestionabilità che produce quel caratteristico blocco della critica e dell’autocritica proprio dei livelli dell’infraveglia; perciò qualsiasi attacco od opposizione alla suggestione del nucleo dell’insogno è inutile, perché il nucleo finirà sempre per rafforzare le proprie compulsioni. La possibilità di produrre un cambiamento di direzione verso una linea evolutiva risiede nella realizzazione di modificazioni graduali. Il nucleo può regredire o fissarsi; nel primo caso lo psichismo tornerà a fasi precedenti, aumentando così la discordanza tra processi e situazione ambientale, nel secondo, quando cioè il nucleo si fissa, l’individuo perderà i propri legami con l’ambiente, generando un comportamento non adatto alla dinamica degli eventi.
Il nucleo dell’insogno spinge l’essere umano a perseguire illusioni che non si avverano, producendo stati dolorosi (dis-illusioni), o che si avverano sono in parte, producendo situazioni piacevoli. Scopriamo così che alla radice della sofferenza psicologica ci sono gli insogni e il loro nucleo.
È nei grandi fallimenti, quando le aspettative svaniscono e le illusioni si dissolvono, che nasce la possibilità di una nuova direzione di vita. In queste situazioni il “nodo di dolore”, il nodo biografico che la coscienza ha sofferto per troppo tempo, viene allo scoperto.


Questo momento cruciale per la vita e, particolarmente, per il lavoro evolutivo di una persona, è descritto con l’aiuto di allegorie nel capitolo “Gli stati interni”, del libro “Lo Sguerdo Interno”:

…”Di fallimento in fallimento, puoi arrivare al prossimo riposo, che si chiama "dimora della deviazione". Attento alle due vie che ora hai davanti: o prendi il cammino della risoluzione, che ti porta alla generazione, o prendi quello del risentimento, che ti fa discendere un'altra volta verso la regressione.
Lì ti trovi davanti al dilemma: o ti decidi per il labirinto della vita cosciente (e lo fai con risoluzione), o torni risentito alla tua vita precedente. Sono numerosi coloro che, non essendo riusciti a superarsi, hanno troncato qui le loro possibilità.”


Da un’altra prospettiva, nel suo intervento del 4 maggio 2004, Silo espone il tema del fallimento proiettato verso il lavoro di trasformazione sociale:

Abbiamo fallito… però insistiamo!
Abbiamo fallito ma insistiamo col nostro progetto di umanizzazione del mondo.
Abbiamo fallito e continueremo a fallire una e mille volte perché ci innalziamo sulle ali di un uccello chiamato “tentativo” che vola al di sopra delle frustrazioni, delle debolezze e delle meschinità.

È la fede nel nostro destino, è la fede che la nostra azione sia giusta, è la fede in noi stessi, è la fede nell’essere umano, la forza che anima il nostro volo.
Perché non è la fine della Storia, né la fine delle idee, né la fine dell’uomo, perché non è nemmeno il trionfo definitivo della malvagità e della manipolazione, è che possiamo sempre tentare di cambiare le cose e cambiare noi stessi.”
_____________________________

Bibliografía
• Lo Sguardo Interno.Umanizzare le terra. Opere Complete I
• Psicologia I. Appunti di Psicologia
• Parole di Silo in occasione della prima celebrazione annuale del Messaggio di Silo, Punta de Vacas. 4 maggio 2004. www.silo.net

lunedì 13 febbraio 2012

Stasera in saletta

dalle 19,30 circa, concludiamo (forse) lo studio sul capitolo XII "Le scoperte", già postato gli scorsi lunedì, poi come da tradizione una cerimonia di benessere, una cerimonia d'uffizio, e con chi vuole si cena da Fei Fei e Jin.
A stasera, un abbraccione
Chiara






mercoledì 8 febbraio 2012

sapore di senso

Nella vita accade che in un istante tutto sembra allinearsi  . avete presente quando riflessioni, esperienze che vivi in ambiti e con persone diverse, paf... in un dato istante si concentrano coerentemente in un unica esperienza, in una comprensione.
Magia?? potrebbe apparire ma non mi riconosco nella via della superstizione:) io li definisco momenti di grazia e molto propizi e cerco di osservare cosa è accaduto prima...
Mi pare che la direzione e ciò che sto cercando è una condizione importante affinchè ciò avvenga, grazie a questo io mi sento più aperta, più attenta, in ascolto e la "realtà", assume nuovi significati, come nei miti e nelle favole sorgono significati e allegorie ... e tutto sembra avere un senso
Il messaggio segna la direzione e la rinnova ogni volta.
Cosa cercavo ? cercavo di avanzare, di non sentirmi in balia degli avvenimenti e chiedevo  per quello che chiamo l'esperienza del  mio "lavoro interno", per la mia vita e sorgeva la necessità di alzare il livello di attenzione, di essere più attenta, e tutto durante i giorni a venire, dalla riunione in saletta di lunedì, a una mail di una amica, al tai chi, al mio lavoro, a una chiaccherata, a un incontro, ai fallimenti e frustazioni,  mi parlava e mi dava indicazioni di questo ..."Realizzare un cambiamento intenzionale del livello di coscienza dà all'essere umano un importante segnale di liberazione delle condizioni "naturali" che sembrano imporsi alla coscienza" (cap. XII messaggio di Silo)
cate

martedì 7 febbraio 2012

Ieri sera in saletta

Visto che siamo gente a cui piace approfondire, abbiamo continuato lo studio del capitolo XII Le Scoperte, focalizzandoci sui seguenti paragrafi:
2. Nel corpo esistono punti di controllo delle diverse attività che esso svolge.
3. Il vero stato di veglia è diverso dagli altri livelli di coscienza.
Sintetizzo e interpreto ciò di cui abbiamo parlato così:
I punti di controllo nel corpo possono essere riconducibili ai centri di risposta di cui Silo dà ampie spiegazioni in Psicologia 1 e 2 e in Autoliberazione. Hanno una base fisica che si ubica in differenti ghiandole, ma possiamo agire intenzionalmente su di esse attraverso un lavoro con le immagini operando sullo spazio di rappresentazione. questo lavoro non può prescindere da un livello di coscienza alto, come minimo da una veglia senza insogni. Ma il collegamento che in questo capitolo rende evidente più volte tra punti di controllo e livello di coscienza ci fa sospettare che agendo sui punti di controllo si possa giungere a livelli di coscienza più alti, e forse che è proprio quel lavoro l'unica possibilità per arrivare al "vero stato di veglia". Ma, se è vero che tutto sta in struttura, probabilmente non c'è una cosa conseguente all'altra, ma è un lavoro concomitante.
Buona giornata a tutti
Chiara

lunedì 6 febbraio 2012

Stasera in saletta

Stasera in Saletta

si parla del capitolo XIII dello Sguardo Interno:


XIII. I PRINCIPI

Diverso è l'atteggiamento nei confronti della vita e delle cose quando la rivelazione interna colpisce come il fulmine.

Seguendo i passi lentamente, meditando su quanto è stato detto e su quanto c'è ancora da dire, puoi trasformare il non-senso in senso. Non è indifferente ciò che fai della tua vita. La tua vita, sottomessa a leggi, si trova esposta a possibilità che puoi scegliere. Non ti parlo di libertà. Ti parlo di liberazione, di movimento, di processo. Non ti parlo di libertà come di qualcosa di quieto, ma di liberarsi passo a passo, come si libera del cammino che ha dovuto percorrere colui che si avvicina alla sua città. Allora, "ciò che si deve fare" non dipende da una morale lontana, incomprensibile e convenzionale, ma da leggi: leggi di vita, di luce, di evoluzione.

Ecco allora ciò che chiamo "Principi", che possono essere d’aiuto nella ricerca dell'unità interiore.

1. Andare contro l'evoluzione delle cose è andare contro se stessi.

2. Quando forzi qualcosa per raggiungere un fine, produci il contrario.

3. Non opporti ad una grande forza. Retrocedi finché non si indebolisca; allora, avanza con risolutezza.

4. Le cose stanno bene quando vanno insieme, non quando vanno separate.

5. Se per te stanno bene il giorno e la notte, l'estate e l'inverno, hai superato le contraddizioni.

6. Se persegui il piacere, ti incateni alla sofferenza. Ma se non danneggi la tua salute, godi senza inibizioni quando si presenta l'opportunità.

7. Se persegui un fine, ti incateni. Se tutto ciò che fai, lo fai come un fine in se stesso, ti liberi.

8. Farai sparire i tuoi conflitti quando li avrai compresi nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere.

9. Quando danneggi gli altri, ti incateni. Ma se non danneggi nessuno puoi fare quello che vuoi con libertà.

10. Quando tratti gli altri come vuoi essere trattato, ti liberi.

11. Non importa da che parte ti abbiano messo gli eventi, ciò che importa è che tu comprenda di non aver scelto nessuna parte.

12. Gli atti contraddittori e quelli unitivi si accumulano in te. Se ripeti i tuoi atti di unità interna, niente ti potrà fermare.

Sarai come una forza della Natura, che non incontra resistenza al suo passaggio. Impara a distinguere tra ciò che è difficoltà, problema, inconveniente, e ciò che è contraddizione. Se i primi ti muovono o ti stimolano, quest'ultima ti immobilizza come dentro un circolo chiuso.

Quando incontri una grande forza, allegria e bontà nel tuo cuore, e quando ti senti libero e senza contraddizioni, ringrazia immediatamente dentro di te. Se ti succede il contrario, chiedi con fede, e il ringraziamento che hai accumulato tornerà amplificato e trasformato in beneficio.