COMMENTI AL CAPITOLO XIX - GLI STATI INTERNI (Paragrafi 1 e 2)
La prima cosa che mi
appare evidente è che c'è una differenza tra "stato" e "via": noto come
lo stato di vitalità diffusa, in questo caso, mi dà la sensazione di un
circolo chiuso e solo in apparenza dinamico, ma in realtà qui si sta
fermi e statici tra la variabilità delle forme che si scelgono. Non
appena mi affaccio a valutare il modo di uscire da questo stato mi si
presenta l'idea di dinamicità, di movimento e di percorso che si
sceglie. Le sento come due condizioni diverse del mio interno.
Nel
tentativo di definire, attraverso l'esperienza personale, i limiti
dello stato di vitalità diffusa, mi rendo conto che qui manca una
direzione chiara della vita: uno stato in cui non si sa dove si sta
andando e non se ne conoscono soprattutto le motivazioni. Tutto viene
deciso a partire da necessità fisiche che vengono caricate in modo
inopportuno, confuse ed elevate come fine ultimo da raggiungere per
realizzare se stessi.
Qui è l'identificazione totale con il corpo a cui
affido la mia direzione. Questa completa identificazione porta con sè
tutte le conseguenze che hanno a che vedere con il percepirsi solamente
"corpo": avverto instabilità e variabilità ma entro limiti ben difiniti e
piuttosto angusti; partecipo totalmente di tutte le tensioni che mi
affliggono, io stesso sono quelle tensioni che continuamente con atti
poco coerenti cerco di distendere; ho la sensazione di essere quasi
sempre esterno a me stesso e sono molto rari i momenti in cui intravedo
qualcos'altro di più profondo dentro di me, a cui peraltro mi riesce
difficile dare voce e spazio. E' uno stato in cui, poichè non si riesce a
dare valore e importanza ad esperienze più elevate, poichè spesso non
si riesce nemmeno a riconoscerle, si ha la tendenza a conservare quanto
più possibile il corpo. Ed è uno stato di "vegetazione" per la
sensazione di immobilità che posso percepire.
Tutto ciò mi si
chiarisce dentro quando mi richiamo il passo del capitolo III ("Il
non-senso") dal quale leggo: "Scoprii, nel corso di molti giorni, questo
grande paradosso, coloro che portavano il fallimento nel cuore poterono
cogliere la vittoria finale; coloro che si sentivano trionfatori, si
fermarono lungo il cammino come vegetali dalla vita scialba ed opaca".
Questo mi richiama la coincidenza tra identificazione con il corpo,
stato di "vegetazione" interna, conservazione del corpo e
sperimentazione frequente (cosciente o inconsapevole che sia) del
non-senso di tutta l'esistenza.
E' proprio sul punto del fallimento
che si pone l'attenzione quando si parla di uscire dallo stato di
vitalità diffusa per evolvere. La sensazione sperimentata di fallimenti
può essere una molla che mi spinge a intraprendere un'analisi sulla mia
vita e proiettare verso il futuro una nuova direzione. La percezione
chiara e sincera che meccanismi e comportamenti che finora ho messo in
atto, non hanno più validità, è un buon segno per mettersi nell'ottica
dell'evoluzione (anche se dovesse essere doloroso per alcuni, o inteso
come un grande regalo per altri). Così come la sperimentazione del
fallimento, anche puntare maggiore attenzione su esperienze
extra-ordinarie, esperienze di un senso dal sapore diverso e più
completo, che noi tutti viviamo può modificare lo sguardo che ho sulla
mia vita. Inoltre, sperimentare in un certo modo, cosa può significare
la morte è un altro motore di trasformazione dello sguardo e della
direzione vitale.
...[Da quel punto si può evolvere soltanto attraverso due vie: la via della morte o quella della mutazione]...
Con
la via della morte si spezzano alcuni meccanismi: modi di essere e di
vedere le cose, perciò si abbandonano cose e si deve essere disposti a
lasciarle. Forse è per questo che la scelta di questa strada, almeno
inizialmente, ti mette "in presenza di un paesaggio caotico ed oscuro",
perchè si perdono momentaneamente i parametri con cui sono sempre stato
abituato a vivere.
Lo sperimento come un percorso con prove difficili da
superare e per questa via ho bisogno di avere un proposito che mi
spinga, mi attiri.
E' molto importante questo punto poichè intraprendere
questa via senza un proposito e una decisione interna, una convinzione
profonda, potrebbe vedermi soccombere di fronte alle difficoltà che mi
si presentano e di qui tornare immediatamente allo stato di vitalità
diffusa.
Questa idea mi fa pensare che il cammino per gli stati inerni
non ha una configurazione a spirale, ma piuttosto è una diramazione di
stati (livelli) e strade diramate che collegano questi ultimi"
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